Probabilmente ciò è dovuto anche alla data di partenza di Bresciani pittore, a metà degli anni Cinquanta, quando imperava l’INFORMALE, ed il giovane pittore, utilizzando questi schemi rappresentativi, puntava soprattutto alla resa dei propri impeti umorali, puntava soprattutto alla rappresentazione di un proprio disagio esistenziale sulla tela, disagio espresso attraverso le forme un pò angolose e caratterizzato dall’uso di colori emozionalmente interpre-tati.

Il successivo passaggio alla figurazione, alla rappresentazione dell’imma-gine in linea con il verisimile, passaggio che avviene negli anni Sessanta, sulla linea della nuova — figurazione e sulla scoperta di FRANCIS BACON, modifica radicalmente l’impianto compositivo, ma non altera il significato emozionale del colore, soprattutto; anche il segno, risentendo del percorso informale precedente, è carico di emotività, è un segno espressionista; non tende a descrivere, ma a caratterizzare un modo soggettivo di “essere” nei confronti della realtà. E le evoluzioni successive, fino alle opere recenti, non modificano questi dati di fondo: vi saranno i momenti di impegno, anche nella scelta dei soggetti, vi saranno i ripiegamenti più risentiti sul piano del soggettivo e dell’individuale, ma la matrice originaria, questo dissidio inte-riore, quest’angoscia esistenziale, rimangono come segni non cancellabili della sua pittura.
E il modo stesso di costruire la figura è un chiaro sintomo di ciò: sulla base “neutra” dello sfondo, Bresciani “estrae” le sue figure. La base neutra è il mondo, il suo impalpabile essere, la sua esistenza allontanata e resa volonta-riamente piatta: su essa Bresciani interviene coi suoi segni, fa scaturire le figure e, come abbiamo detto poc’anzi, estrae le sue immagini. E sono quindi immagini mentali, sono, per il modo stesso di procedere sulla tela, le proie-zioni dei propri disagi, delle proprie emozioni, delle proprie speranze. I termini che abbiamo utilizzato, disagi, emozioni, speranze, sono chiaramente termini umani: da qui deriva quella presenza umana che caratterizza la sua rappresentazione.

Un’umana presenza caratterizza le sue figure: qualcosa che rammenta un arto, un braccio o gamba, un tronco di corpo, un grumo viscerale che ci ricorda le nostre interiora Oggi il tentativo di Bresciani è quello di essenzializzare (e razionalizzare) queste sue immagini. Ne scaturiscono, come conseguenza di rappresentazio-ne,alcuni usi specifici: per esempio l’eliminazione del colore, onde non appe-santire di portati individuali e soggettivi la rappresentazione, già fortemente individuale. Il marrone — scuro di fondo su cui si stagliano, bianche e bianco — grigie, le sue forme e le forme stesse sono dunque i due elementi di questa rappresentazione. Ma, progressivamente, anche lo spazio viene modifican-dosi: il tentativo, attraverso tagli e campiture, di determinare uno “spazio” (inteso come spazio dell’evento), viene abbandonato: lo spazio si presenta come spazio senza confini, non infinito, come spazio aperto, in cui l’evento è costituito dall’apparire di queste forme.

Infine, ed è il terzo elemento da sottolineare in questa nuova figurazione, il colore sparisce anche dalla figura: restano le gradazioni dal bianco al marrone — scuro, che ancora ricordano una volontà tridimensionale, che ancora suggeriscono la realtà fisica di queste presenze, che non vogliono (o non possono) trasformarsi in simboli. Sono ancora un modo, per Bresciani, di aderire a questa realtà dell’uomo, angosciata più spesso che non carica di speranza,ma, nella sua umanità stessa, ancora possibile di futuro e di riscatto. In questa linea, il contenuto di Bresciani è un contenuto amaro, ma non sconfortante, è un contenuto ricco di angosce e di disagi, ma non definitiva-mente perduto nell’ultima spiaggia; Bresciani sembra dire che in questo tetro grigiore c’è ancora un’umanità e che è ancora possibile positivamente vivere. Mauro Corradini